Legale

La Policy nazionale a sostegno delle startup innovative

17 Gennaio 2019

Le misure adottate dal legislatore italiano, dal 2012 in poi con il D.l. 179/2012 mirano a promuovere la crescita sostenibile, lo sviluppo tecnologico e l’aggregazione di una cultura imprenditoriale votata a innovazione ed occupazione, in particolare giovanile. Un’attenzione costante negli anni che ha preso spunto dal citato decreto, vera e propria pietra miliare, noto anche come “Decreto Crescita 2.0” recante “Ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese” e convertito dal Parlamento con la Legge n. 221 del 18 dicembre 2012.

Tale provvedimento ha, anzitutto, introdotto la definizione di “nuova impresa innovativa ad alto valore tecnologico” cd. startup innovativa.

Analizzando il vasto corpus normativo a questa dedicato, colpisce l’assenza di distinzioni settoriali o limiti di alcun genere legati all’età dell’imprenditore; una normativa che in definitiva può dirsi “per tutti” oltreché dinamica e coerente con gli obiettivi di sviluppo industriale. Peraltro, detta normativa è stata interessata da diversi interventi di potenziamento: il Decreto Legge 28 giugno 2013 n. 76 cd. “Decreto Lavoro” che ne ha esteso l’ambito soggettivo, il Decreto Legge 24 gennaio 2015 n.3 cd. “Investment Compact” e, più di recente, la Legge 232 dell’11 dicembre 2016. Come se ciò non bastasse, ulteriori misure, non direttamente riconducibili al nucleo originario della policy sulle startup innovative, sono intervenute ad arricchirla, primo tra tutti il Piano Nazionale Industria 4.0, i cui benefici risultano quasi sempre cumulabili alla normativa di favore.

Prima di passare in rassegna i principali benefici della policy deve essere fin d’ora chiarito quali startup possono essere definite “innovative” e di quali requisiti soggettivi devono essere in possesso. Seguendo lo schema fornito dal legislatore all’art. 25 del d.l. 179/2012, «alle misure agevolative possono accedere le società di capitali, costituite anche in forma cooperativa, le cui azioni o quote rappresentative del capitale sociale non sono quotate su un mercato regolamentato o su un sistema multilaterale di negoziazione, e che sono in possesso dei seguenti requisiti»:

  1. sono di nuova costituzione o comunque sono state costituite da meno di 5 anni (in ogni caso non prima del 18 dicembre 2012);
  2. hanno sede principale in Italia, o in altro Paese membro dell’Unione Europea o in Stati aderenti all’accordo sullo Spazio Economico Europeo, purché abbiano una sede produttiva o una filiale in Italia;
  • presentano un valore annuo della produzione inferiore a 5 milioni di euro;
  1. non distribuiscono e non hanno distribuito utili;
  2. hanno come oggetto sociale esclusivo o prevalente lo sviluppo, la produzione e la commercializzazione di prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico;
  3. non sono costituite da fusione, scissione societaria o a seguito di cessione di azienda o di ramo di azienda;
  • infine, il contenuto innovativo dell’impresa è identificato con il possesso di almeno uno dei tre seguenti criteri:
    1. una quota pari al 15% del valore maggiore tra fatturato e costi annui è ascrivibile ad attività di ricerca e sviluppo;
    2. la forza lavoro complessiva è costituita per almeno 1/3 da dottorandi, dottori di ricerca o ricercatori, oppure per almeno 2/3 da soci o collaboratori a qualsiasi titolo in possesso di laurea magistrale;
    3. l’impresa è titolare, depositaria o licenziataria di un brevetto registrato (privativa industriale) oppure titolare di programma per elaboratore originario

 

Uno dei primi vantaggi caratterizzanti il quinquennio successivo alla costituzione è senz’altro dato dalla costituzione digitale e gratuita (Art. 4, comma 10 bis Investment Compact) mediante un modello standard, facendo ricorso alla firma digitale; agevolazione estesa anche alle successive modifiche grazie al DM 28 ottobre 2016, con un evidente risparmio per gli imprenditori rispetto alla procedura ordinaria con atto pubblico.

L’atto costitutivo così compilato in formato XML, nonostante sia un modello uniforme, consente controlli rigorosi ed un sufficiente grado di personalizzazione che potrà garantire una soluzione su misura, oltreché la possibilità di future integrazioni a costo zero. A ciò si aggiunge un esonero totale da diritti camerali e imposte di bollo abitualmente dovuti per gli adempimenti da effettuare presso il Registro delle Imprese.

Alle start-up innovative costituite in forma di Ss.r.l. (in deroga alla disciplina ordinaria) è inoltre consentito di: i) creare categorie di quote dotate di diritti particolari (e.g. la creazione di quote che non attribuiscono diritti di voto); ii) effettuare operazioni sulle proprie quote; iii) emettere strumenti finanziari partecipativi e di offrire al pubblico quote di capitale.

Quest’ultimo punto inerente l’aspetto finanziario costituisce un innegabile valore aggiunto che mira ad agevolare questo tipo di imprese, notoriamente ostacolate dal mercato a causa di un “failure rate” rilevante e che, a livello globale, si aggira intorno al 90%.

Una prima risposta a tali difficoltà si è avuta con la normativa sul crowdfunding, la prima al mondo, grazie alla quale è possibile reperire capitale di rischio presentando il proprio progetto a potenziali investitori per il tramite dei portali autorizzati e per cui si rimanda al Regolamento Consob 18952/2012 come modificato dalla delibera 18592 del 26 giugno 2013. Anche su questo fronte sono stati previsti vari vantaggi, primo tra tutti l’esonero da alcuni oneri previsti dalla normativa sui servizi di investimento.

Molti altri vantaggi sono stati rinnovati con la Legge di bilancio 232/2017, che confermano l’intenzione del legislatore di proseguire in questo percorso di “crescita di talenti” nel Paese sia in termini di accesso al credito, ma parimenti attenta a consentire non meno importanti vantaggi fiscali con regole ad hoc, dall’esonero del visto di conformità per compensazione dei crediti IVA agli incentivi fiscali all’investimento nel capitale di rischio delle Start-up innovative.

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